Il portone d’ingresso è molto discreto. Piccolo, in legno deteriorato o in acciaio, cigolante all’apertura e poco accattivante.
Lo apro.
Ed eccomi qua, seduta a teatro. Il sipario si è spalancato e il palcoscenico è occupato da una scenografia imponente che avvolge un cortile centrale. Le singole abitazioni sono distribuite su più piani (da tre a sei) tutte con la porta di ingresso che affaccia sul ballatoio comune che percorre l’edificio intero. Dotate di un parapetto in ferro, per questa loro veste, vengono chiamate case “di ringhiera”.
Il cantastorie milanese Antonio Bozzetti preferiva chiamarle “le case della solidarietà e dell’accoglienza”. Tipiche nel nord Italia racchiudono numerosi abitacoli, piccoli, tra di loro similari e tutti tra loro collegati.
Collegati dai panni stesi su un balcone comune, connessi del micro bagno esterno collocato in fondo al ballatoio e condiviso fra più famiglie, uniti dal modo di abitare, intimo.
Ed ecco che ogni giorni, andava in scena uno spettacolo differente.
Una magica alchimia era diffusa dai profumi delle cucine, le voci dei bambini che giocavano in cortile erano protagoniste, confuse solo dal brusio delle donne che sui ballatoi chiacchieravano, spettegolavano, si raccontavano.
L’odore del bucato appena lavato condiva il venerdì, mentre quello del caffè era prerogativa della domenica mattina.
Gli uomini, emigrati al nord per lavorare, rievocavano ricordi di casa, in canottiera, le sere estive.
È una casa che, ancora oggi, non si ferma sul proprio uscio. La si abita con tutti e cinque i sensi.
Oggi gli architetti ne studiano i progetti e i sociologhi si interrogano su quel strano modo vivere.
Oggi le case di ringhiera sono situate al centro delle grandi città, l’intonaco grigio è stato scrostato per lasciare spazio a nuovi colori come il giallo o il rosso.
A piante rampicanti e a fiori che decorano i ballatoi.
Oggi giovani professionisti, coppie o studenti si innamorano di queste case dall’animo un po’ artistico, un po’ vintage e tanto gentile.
Torino: The number 6
Sceglierle non significa scegliere una casa, è una scelta più complessa, è la scelta di un modo di condividere suoni, rumori, voci, profumi. E’ sapere che fuori dall’uscio di casa non trovi tante volte l’ascensore, ma l’aria aperta e il cielo, il cortile e la vicina che, nelle vacanze ti “guarda la casa”.
La mia casa a ringhiera è un piccolo nido, un’anziana signora che mi ripete le abitudini del single accanto, un giovane dall’animo reggae, un’amante delle piante che rende ancora più insignificanti le mie timide piantine, un gruppo di studenti che ancora non riesco a quantificare e un cane che ulula per uscire.
… E quel capello bianco che trovo tra i miei panni incasinati sono ciò che è per me il mio balcone di ringhiera.
Il punto di equilibrio tra le mie vite possibili.
Quanta nostalgia della mia casa di ringhiera in Vanchiglia, a Torino! Sento ancora la fitta del senso di colpa per aver fatto morire la rosa affidatami dalla vicina (e per affidatami intendo semplicemente lasciata dov’era sul tavolinetto che separava il mio pezzo di balcone dal suo). A Genova niente di tutto questo è possibile nei caruggi… Eppure in un gioco di incastri e sporgenze la magia della comunità si crea comunque tra chi abita lo stesso vicolo e per eco o nel vento viene a sapere tutto dei suoi vicini (o vede loro in casa, direttamente)…
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Che bello … non ho mai vissuto a Genova ma l’atmosfera che mi hai trasmesso mi fa immaginare un bel modo di abitare.
Io vivo nel quadrilatero a Torino in una tipica casa di ringhiera, e, capisco il tuo senso di colpa che condivido per i panni mai tolti all’anziana vicina 😉
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Decisamente emozionante!
Un caro saluto
Adriana
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Grazie mille Adriana!! Una buona giornata a te!
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Adoro le prime tre!
Bellissimo post…
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Grazie mille… anche io …
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Che descrizione meravigliosa, pura poesia, come lo erano e forse lo sono ancora le case di ringhiera.
Io ai navigli…da ragazza, 50 metri…come si può dimenticare?
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Non si può… un bel tuffo nel passato per tutti. Un abbraccio cara Fulvia
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C’erano una volta, a Milano; ma una volta c’erano ancora la classe operaia, gli artisti, i sognatori. Oggi ci sono solamente i poveri, che forse abitano in case da ex-benestanti, che dovranno vendere per pagare i debiti.
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Hai ragioni, ma ci sono anche in centro. Nella zona di Brera sono state restituiate e sono appartamenti molto richiesti, ai Navigli invece ci sono ancora gli artisti in zona Borgo San Gottardo, li c’è ancora una gran magia
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Che tempi di un passato ben più intenso di questi giorni. Vivo a Torino ma non in una casa a ringhiera🖤
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Veramente un brano che suscita ricordi in chi ha vissuto anche in altre città con caratteristiche diverse, ma che ha ancora nel cuore un mondo indimenticabile, più puro, più umano.
Dalle mie parti non c’erano ringhiere ma cortili, punto di ritrovo per bambini e adolescenti.
Quante cose da raccontare!
Bellissime le immagini che corredano il post.
Grazie di aver condiviso in un modo non retorico.
Ciao.
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Grazie mille Laura. Anche io ho tanti ricordi del cortile in comune, dove giocavo con i ragazzi, più grandi di me a “prendermi pallonate”…
Un abbraccio.
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Bellissimo
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Grazie mille, buona giornata…
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Splendido post mia cara. E splendide immagini a ricordare vite passate dove il ”vero”, la spontaneità era di casa. Ma anche oggi con tutto quel verde i ballatoi respirano di un’aria semplice, colorata più che nel passato ma sempre viva. Mi hanno sempre affascinato i ballatoi anche riportati in uno sceneggiato di cui ahimè non ricordo il titolo, con Luigi Montini che mi piacque molto come testimonianza di un mondo molto particolare. Complimenti. Un abbraccione. Isabella
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Grazie mille, i tuoi commenti e considerazioni mi fanno davvero molto piacere…
Un abbraccio, Alice
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Grazie a te che hai svegliato in me bei ricordi. Isabella
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Che meraviglia questo post, nelle parole e nelle immagini
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Grazie Valeria! Buon fine settimana
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È molto poetico il tuo racconto forse il tuo ricordo.
sono nata a Torino e ci ho vissuto i primi 8 anni e ricordo più che le case di ringhiera le soffitte chiuse con la feritoia in alto per prendere luce non era molto poetico odoravano di muffa e di e povertà. Avevano un gabinetto per piano all’esterno.
Adesso sono diventate dei piccoli boudoir esclusivi molto ricercati.
A Roma Esistono degli enormi casermoni alti 15 piani tutti di cemento Niente affatto poetici Niente affatto solidale con molta criminalità.
Questo è il nostro tempo
Mala tempora currunt
Sherabuonadomenica
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Grazie per il tuo ricordo… buona giornata!
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Ciao !
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Riflessioni molto interessanti…
Foto bellissime
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Grazie mille Marzia…
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L’ha ribloggato su Alchimiee ha commentato:
Fascinose le foto certo, ma anche il discorso che la padrona di casa dipana non è male.
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Bellissime le foto è bellissime le storie/a.
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Grazie mille, buon fine settimana 😊
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bellissimo e condivisibile post. certe architetture palpitano e respirano. vivo in un “quartiere” che trasuda storia, stratificazioni, vite, tracce del tempo e dei vissuti. Buon lavoro. Margot
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Dove vivi di bello?
Saper apprezzare dove “si sta” è una cosa bellissima che denota sensibilità. Buon fine settimana
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vivo a Samoierdarena, ad ovest di Genova, sino al 1926 comune indipendente; siamo stati la culla delle Cooperative di Produzione e Consumo inizio 900. se vai al mio blog molto ho scritto, forse ti potrebbe interessare. Buona domenica, qui sta nevicando, rarissimo e splendido a Genova!
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Vado a sbirciarti 😉
Grazie
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benvenuta chez moi! grazie del follow. Buona giornata. Margot
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Che emozione… carinissimo
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Grazie 😍
Buon fine settimana Laura
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